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Giovedì, 27 Luglio 2023 09:36

Caccia all'oro fra i rifiuti

Portogallo, Cipro, Malta e Romania. Cinque paesi che, nell’Unione, sono dietro all’Italia. Tutti gli altri fanno meglio di noi in materia di recupero e riciclo delle materie prime essenziali per la nostra economia in settori strategici come l’aerospazio, dell’elettronica, dell’automotive (batterie e motori elettrici) delle energie rinnovabili. Ovvero settori decisivi per la duplice transizione verde e digitale.

È la impietosa fotografia scattata da un report di The European House-Ambrosetti commissionato da Erion, il più importante sistema multi consortile italiano per il riciclo e il recupero dei rifiuti associati ai prodotti elettronici professionali e domestici. E siccome l’Italia non dispone di proprie materie prime, il riciclo dei rifiuti è una vera e propria miniera da sfruttare. (Intanto, a livello globale, è in corso una vera guerra per accaparrarsi il controllo di materie prime come il litio, che gli Stati Uniti vogliono arrivare a contendere alla Cina, oggi il maggior produttore mondiale)

La conseguenza, in dettaglio, è che la produzione italiana dipende per ben 686 miliardi di euro da Paesi terzi: la Cina per il 65% seguita da Sud Africa per il 10, la Repubblica Democratica del Congo e gli Stati Uniti, entrambi per il 4%., Si tratta, secondo l’ultimo report della Commissione Ue, di ben 34 materie prime critiche, ( dalla A di antimonio, alla C di cobalto, alla L di litio, alla R di rame, alla M di magnesio, alla T di titanio tanto per fare qualche esempio) di cui 17 materie prime strategiche per la transizione verde e digitale. Ben 29 poi sono giudicate indispensabili per l’industria energetica, 28 per quella aerospaziale24 per l’elettronica, 23 per l’automotive, 19 per le energie rinnovabili.

E questo mentre il Critical Raw Material Act della Ue prevede che non più del 65% di una materia strategica importata non debba provenire da un solo Paese e che almeno il 15% debba provenire dal riciclo. Insomma, secondo Erion, “nelle nostre case abbiamo una miniera urbana che facciamo fatica a valorizzare”. Burocrazia, tempi biblici per la concessione per nuovi impianti, le cause che anche in questo caso frenano la nostra economia.

Ma torniamo ai nostri rifiuti-miniera. Un caso tutto particolare è quello dei rifiuti Raee, ovvero rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche. Ovvero quei rifiuti particolarmente ricchi dei materiali strategici (rame, ferro, acciaio ad esempio). Ebbene, secondo ricerche condotte da Erion e I ipsos, gli italiani hanno in media nove apparecchi elettronici rotti o inutilizzati dentro casa. Nello specifico l’81% degli intervistati ha dichiarato di possedere almeno un apparecchio ancora funzionante ma inutilizzato, mentre il 61% lo tiene ancora in casa anche se rotto. Al primo posto, 22%, ci sono gli asciugacapelli, poi tostapane, frullatori e un esercito di vecchi caricatori per cellulari che si spera diminuiranno dopo la legge approvata dal Parlamento europeo sulla produzione di caricabatteria universali. Ognuno di noi può frugare nei propri cassetti e scoprire quanto tutto ciò sia vero. E in particolare, ovviamente, sono i giovani che in larga parte ignorano proprio il concetto stesso di Raee e si tengono i device rotti o li eliminano in modo inappropriato gettandoli nei rifiuti indifferenziati. Certo, l’informazione è carente. E dovrebbe essere un impegno prioritario del Governo e di tutte le Amministrazioni locali. E la maleducazione poi ci mette di suo. Ma soprattutto manca una rete diffusa capillarmente di vere e proprie piattaforme logistiche in grado di ottimizzare sia la raccolta in entrata che quella in uscita verso le più svariate realtà di riciclo, di riuso, di riassemblamento dei componenti e delle materie prime.

Ultima modifica il Giovedì, 27 Luglio 2023 09:38