“Chi è benestante, in particolare se cristiano – ha sottolineato - è interpellato a condividere quanto possiede con chi è privo del necessario, tanto più se appartiene allo stesso popolo. Non è questione di bontà, ma di giustizia. Non è filantropia, è fede”. Come fare allora la carità? Tre le caratteristiche essenziali indicate dal Papa. La prima: l’esemplarità. La carità “non è solo qualcosa che si fa, ma è espressione di ciò che si è. È uno stile di vita, è vivere il Vangelo. Occorrono perciò credibilità e trasparenza: penso alla gestione finanziaria e amministrativa dei progetti, ma anche all’impegno a offrire servizi adeguati e qualificati”. La seconda: la lungimiranza, il saper guardare avanti. “È fondamentale che le iniziative e le opere di bene, oltre a rispondere alle esigenze immediate, siano sostenibili e durature. Non semplicemente assistenzialiste, ma realizzate sulla base di quanto realmente si può fare e con una prospettiva di lungo termine, perché perdurino nel tempo e non finiscano con chi le ha avviate”. Terza caratteristica essenziale: la connessione. “Bisogna fare rete, non solo virtualmente ma concretamente. Lavorare sempre più insieme: ciascuno con il proprio carisma ma insieme, collegati, condividendo le urgenze, le priorità, le necessità, senza chiusure e autoreferenzialità, pronti ad affiancarsi ad altre comunità cristiane e di altre religioni, e ai molti organismi umanitari presenti. Tutto per il bene dei poveri. Fare rete con tutti”.
La povertà non nasce da assenza di beni ma da ingiustizie
“A causare la povertà non è tanto l’assenza di beni e di opportunità, ma la loro iniqua distribuzione”. Durante il viaggio apostolico nella Repubblica del Congo, Papa Francesco ha incontrato alcuni rappresentanti di opere caritative, e ha pronunciato un discorso che non riguarda di certo soltanto l’Africa.