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di Lorenzo Gaiani

Se ne discute, ogni tanto. Alcuni pretendono di parlare in loro nome. Altri li studiano, producono ricerche, spiegano i loro bisogni, le loro ansie, le loro attese.

Sono di meno quelli che hanno voglia di ascoltarli, perché gli ultimi tacciono.

Il loro silenzio non fa rumore, perché tutto sommato conviene. Conviene anche che non votino, perché alla fine la politica è più libera di non occuparsi di loro, se loro non si occupano di lei.

Il loro silenzio li rende invisibili, perché in una società come la nostra ci si accorge di chi partecipa al rumore generale.

Se ne stanno rintanati nei loro quartieri, nei loro lavori poveri, nella loro stentata quotidianità. Un tempo, forse, erano classe operaia, proletariato, avevano una speranza concreta da coltivare, potevano ascoltare parole di speranza e di riscatto, magari anche parole forti, come forti erano le catene ai loro polsi da cui pensavano di affrancarsi.

Un tempo i quartieri ricchi ed i quartieri popolari erano parte della stessa città, spesso in competizione aspra se non in guerra fra di loro, ma comunque appartenenti ad uno spazio comune. Ora invece sembra che progressivamente coloro che possono permetterselo vogliano disegnarsi uno spazio urbano fruibile solo da loro, totalmente separato dal resto della città, con servizi e benefici unicamente riservati ai fortunati abitanti di quello che non è nemmeno più un quartiere ma uno spazio a parte, mentre il resto della città è riservato ai meno abbienti i quali fruiscono di servizi resi sempre più precari dalla crescente scarsità di mezzi degli Enti locali.

Chiuse le fabbriche, i quartieri dormitorio diventano, appunto, solo dei dormitori, i centri di aggregazione politica scompaiono o rimangono appannaggio solo di persone anziane e di pochi volonterosi, e spesso ai parroci tocca svolgere una funzione di presidio urbano che altri hanno abbandonato, mentre la crescente presenza di immigrati da Paesi stranieri, non gestita adeguatamente, genera disagio sociale ed ansia securitaria spesso rimestata da insidiosi demagoghi.

E gli ultimi sono sempre più ultimi. Numeri, statistiche.

Gli si parla solo per ingannarli.

E loro tacciono.

Ma se riprendessero la parola, chi saprebbe ascoltarli?

Lorenzo Gaiani è componente del Cda della Fondazione A Grandi

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