Con le Acli da domestiche a collaboratrici familiari

di Carlo Felice Casula, Alberto Scarpitti, Simone Cittadini

Parlare di lavoro domestico in Italia equivale a ripercorrere un po’ la storia del nostro Paese, dal secondo dopoguerra ad oggi. Le ACLI si prendono ben presto a cuore la sorte di questa categoria. Sin dalla loro nascita, prima come GAD (Gruppi Acli Domestiche) e poi come ACLI Colf, l’associazione si impegna per la promozione, la tutela e la rappresentanza del lavoro domestico quale lavoro dignitoso, socialmente importante ed economicamente rilevante. Grazie alle ACLI le “serve”, come ancora vengono chiamate nella seconda metà del secolo scorso, cominciano ad avere una loro dignità e visibilità, partecipando a manifestazioni, organizzando incontri e promuovendo scambi con le colleghe anche di altri paesi.

Uno strumento efficace di formazione e di raccordo è costituito dal periodico "Il giornale della domestica", pubblicato fin dall’ottobre del 1947, che poi cambierà nome in “La casa e la vita”.

Nel corso degli anni si susseguono varie acquisizioni e riconoscimenti di diritti per la categoria. In particolare nel 1958, anno in cui viene emanata la prima legge che affronta in modo organico il lavoro domestico e nel 1974, in cui è invece firmato il primo contratto nazionale del lavoro domestico: legge e contratto ancor oggi sono in vigore e disciplinano il settore domestico e di cura.

É dei primi anni Sessanta la svolta per questa categoria, che in seguito agli sforzi compiuti dalle ACLI ottengono una nuova dignità. Non più “domestiche” ma “collaboratrici familiari”, ovvero COLF, nell’acronimo che diventerà un neologismo diffuso e uno stile nuovo che sancisce l’avvenuta crescita professionale e sociale. Il nome è adottato per la prima volta nel corso del V Congresso Nazionale dei gruppi di domestiche ACLI del 1964, accogliendo le aspettative di una categoria che sente l’esigenza di una diversa denominazione, che metta in risalto un aspetto peculiare di questo lavoro: la collaborazione con le persone della famiglia.

É solo negli ultimi quindici anni, che il lavoro domestico trova una nuova collocazione nel panorama del mondo del lavoro. Alla base di questa trasformazione il cambiamento culturale da parte delle famiglie, ma soprattutto l’ingresso, nel settore, di lavoratrici e lavoratori immigrati, che per essere assunti necessitano di un contratto regolare. L’immigrazione diventa dunque indirettamente il volano per la regolarizzazione e per l’emersione del lavoro nero. Il tema dell’integrazione si innesta alle tradizionali piste di lavoro delle ACLI Colf, che non a caso nel 2001 eleggono la loro prima Responsabile Nazionale straniera, Lidia Obando.

Al centro di nuovi processi e cambiamenti socio-economici, il lavoro domestico muta ulteriormente nel nuovo secolo: un’importante novità è costituita dalla figura della “badante” legata alla presenza diffusa di anziani soli e bisognosi di un personale lavoro di cura. La sanatoria del 2002 dà impulso al lavoro domestico che continua a crescere nel tempo, divenendo un perno nel welfare di cura italiano.

Le ACLI Colf nel presente, divenute associazione professionale, sono impegnate in un più forte radicamento territoriale e in un lavoro di formazione e informazione per una più efficace tutela e valorizzazione del lavoro domestico.

Carlo Felice Casula, è Prof emerito di storia contemporanea, Università Roma Tre;
Alberto Scarpitti è responsabile Archivio Storico Acli nazionali
Simone Cittadini, Archivio Storico Acli nazionali

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